Una domenica pomeriggio di inizio settembre, il sole splende ma non brucia, il cielo azzurro è uno squarcio sottile tra i palazzi, i vicoli stretti del quartiere si aprono all’improvviso su piazzette e slarghi, dalle finestre aperte viene l’eco delle tv sintonizzate sui programmi della domenica, una mescolanza di musica, chiacchiere, risate; le famiglie sono riunite ancora attorno alla tavola, il pranzo è terminato da poco.
Si passeggia tra il profumo dei panni stesi che si muovono piano e i cantieri che in più aree ingombrano le facciate dei palazzi e i marciapiedi, regalando al contesto un’atmosfera decadente ma in qualche modo feconda, come se vi fosse sempre qualcosa da fare o che sarà fatto, chissà quando, lentamente comunque.
Luci e ombre si rincorrono tra vicoli angusti sormontati da piccoli archi che si aprono all’improvviso in ampie scalinate e piazzali fioriti. Ci si muove, estranei affascinati in un universo finito, che ha le sue regole e la sua storia. Alle spalle, una volta fuori, la sensazione di aver attraversato un varco temporale, di essersi lasciati dietro una storia che vale la pena di raccontare.
Il Rione Fornelle: nel cuore della Salerno medievale
Il Rione Fornelle, nel cuore della Salerno medievale, deve, forse, il suo nome ai forni per la cottura della ceramica, di cui gli Amalfitani erano maestri. Secondo una tradizione, è dalla Repubblica Marinara più antica d’Italia, infatti, che arrivano i primi abitanti del quartiere.
Dopo l’espugnazione della città da parte del principe longobardo Sicardo nel IX secolo, alcuni amalfitani vengono trasferiti (non si sa quanto forzatamente) a Salerno, formando il primo nucleo del Rione Fornelle. Un’altra tradizione, riguardo l’etimologia del nome, lo fa derivare dalla parola latina “formis”, acquedotto: l’area era infatti ricca di sorgenti e canalizzazioni.
Il Rione Fornelle è uno dei più antichi e suggestivi quartieri di Salerno, che ha dato i natali al grande poeta Alfonso Gatto. Fino a non molti anni fa era considerato un luogo dalla reputazione negativa, degradato, poco sicuro e dove gli “estranei” erano guardati con sospetto. Questa fama è stata del tutto capovolta, grazie al progetto di riqualificazione culturale che ha investito l’intero quartiere, che oggi è uno dei più visitati (e fotografati) di Salerno.
Accedendo al Rione Fornelle dal delizioso vicolo Santa Trofimena, detto anche Vicolo delle Fornelle, ci si ritrova nella piazza Matteo D’Aiello, uno spazio quadrangolare sul quale si affacciano i pittoreschi palazzi del quartiere e la Chiesa di Santa Trofimena.
Di epoca longobarda (IX secolo) secondo il Chronicon Salernitanum, la chiesa è stata ristrutturata completamente nel Seicento in stile barocco e la facciata è il risultato di un rimaneggiamento ottocentesco.
La discussa intonacatura bianca che ricopre l’intero edificio, invece, è l’esito di un restauro recentissimo – e ancora in corso.
La chiesa avrebbe ospitato le reliquie di Santa Trofimena, di ritorno da Benevento e dirette a Minori, luogo nel quale si trovavano prima della razzia del principe Sicardo.
Sulla sinistra c’è la Fontana delle Fornelle, risalente al XVII secolo, mentre esattamente di fronte c’è l’ingresso all’ascensore che porta al Giardino della Minerva (oggi chiuso per restauro).
Muri d’Autore: poesia e rivalutazione urbanistica
L’attrazione principale del Rione Fornelle sono, ovviamente, gli splendidi murales che fanno parte del progetto Muri d’Autore lanciato nel 2014 dal poeta Valeriano Forte e dall’artista Pino Roscigno in arte GreenPino, sotto la tutela della Fondazione Alfonso Gatto, diretta da Filippo Trotta, nipote del poeta.
Il primo nucleo del progetto nasce, in realtà, sulle scale del Rione Mutilati, luogo dove GreenPino dipinge la sua prima opera ispirandosi al connubio profondo tra il poeta Alfonso Gatto e la sua adorata Salerno. Da lì, la poesia si sposta sui muri, una volta coperti di salsedine, del Rione Fornelle e ancora continua a diffondersi e a viaggiare a Salerno e nella sua provincia.
Nel tempo, accanto alle splendide poesie di Alfonso Gatto e alle opere realizzate da GreenPino si sono aggiunte le parole di altri poeti italiani e internazionali, come Alda Merini, Rocco Scotellaro o Paul Eluard e le opere di diversi artisti, fra cui:
Le donne delle Fornelle di Davide Ratzo che ha ritratto le donne del rione con i versi della poesia “25 aprile” di A. Gatto.
L’ Apollo ritrovato di Carlos Atoche, ispirato alla testa di bronzo recuperata nelle acque del golfo di Salerno nel dicembre del 1930 da un gruppo di pescatori, oggi conservata nel Museo Archeologico Provinciale di Salerno, in Via Vinciprova.
L’angelo di Mauro Trotta, che dà il nome al vicolo omonimo.
Al di fuori del Rione Fornelle, un murales celebra Alfonso Gatto anche nel Vicolo della Neve, dove si trova ancora oggi lo storico ristorante frequentato dal poeta.
E ci lasciamo perciò con le parole del grande poeta dedicate proprio al delizioso vicolo:
[…] Straniero, se passi a Salerno
in una notte d’inverno
di luna a mezzo febbraio,
se vedi il bianco fornaio
che batte le mani sul tondo
di quella faccia cresciuta,
ascolta venire dal fondo
degli anni la voce perduta.
L’odore di menta t’invita,
la tavola bianca, la stanza
confusa dall’abbondanza.
In quell’odore di forno
per qualche sera la vita
si scalda con le sue mani
e quegli accordi lontani
del tempo che fu.
Alfonso Gatto, Vicolo della Neve