Buon martedì, spero che la vostra settimana stia procedendo nel migliore dei modi, la mia abbastanza bene anche se (che ve lo dico a fare) sono indietro col lavoro in una maniera indecente. Va beh. Almeno le letture vanno avanti speditissime, ho appena finito Lontano da te di Tess Sharpe edito Fabbri Editori, recensito per YouKid.it, se avete voglia potete leggere la mia recensione qui, a breve comunque pubblicherò qualche mia riflessione anche qui, penso venerdì! Comunque, andiamo al punto: finalmente riesco a buttare giù qualche osservazione su un romanzo bellissimo, una vera e propria scoperta per me (anche se tardiva): insomma La donna in bianco di Wilkie Collins mi ha fatto innamorare di questo autore, di cui ho acquistato tempo fa il Mammut che contiene tutte le sue opere!
Se volete acquistarlo anche voi, ecco qui il link: Wilkie Collins, le opere.
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La donna in bianco è la storia con cui ho conosciuto Wilkie Collins e, dopo appena un paio di pagine, mi sono chiesta: come ho potuto vivere senza? Sono un’appassionata (anzi, sono una fissata) della letteratura Regency e Vittoriana, per cui ciò che per qualche lettore può essere considerato “pesante” per me è pura gioia: questo giallo (uno dei primi gialli della storia) è lungo, pieno di dettagli e, per coloro i quali sono abituati a leggere i moderni thriller tutti ritmo e colpi di scena, potrebbe risultare lento, per me invece questa cura per i dettagli, per le descrizioni di ambienti e personaggi, la struttura speculare divisa in due parti, la molteplicità delle voci narranti, sono stati il pinto di forza della storia.
Pubblicato a puntate sulla rivista All the Year round dal 26 novembre 1859 al 25 gosto 1860, La donna in bianco è uno dei primi casi letterari della storia: ebbe un successo tale, ai tempi, che Wilkie Collins divenne in breve uno degli scrittori più pagati del secolo.
E lì, al centro della strada luminosa — lì, come se fosse spuntata in quel momento dalla terra, o caduta giù dal cielo — vidi stagliarsi solitaria la figura di una donna, vestita di bianco dalla testa ai piedi, che mi scrutava con espressione grave, e con la mano indicava una nuvola scura sopra Londra. guardandomi dritto negli occhi.
Il romanzo è raccontato da diversi punti di vista, attraverso carteggi e diari, protagonista principale è il giovane insegnante d’arte Walter Hartright, il primo a vedere la misteriosa donna in bianco, attorno a cui gira l’intera vicenda. Walter Hartright viene assunto come insegnante nella casa di Mr. Fairlie, un personaggio bellissimo che ha qualcosa del padre di Emma Woodhouse (l’ipocondria) e qualcosa della signora Bennet di Orgoglio e Pregiudizio (il costante riferimento ai “suoi nervi”). Mr. Fairlie ha due nipoti, sorellastre, che si vogliono molto bene ma sono come il giorno e la notte. Marian Halcombe è scura, brutta ma intelligente e forte (è, in altre parole, l’antitesi della donna vittoriana), Laura Fairlie è bella, gentile e bisognosa di cure. La bella Laura è stata promessa in sposa a Sir Percival Glyde, uomo ricco, dal passato oscuro, elegante e allo stesso tempo minaccioso. Sir Glyde nasconde qualcosa, un mistero orribile che farà di tutto per mantenere segreto e legato alla misteriosa donna in bianco che, più che essere la protagonista, è la chiave della storia.
Ad aiutare Sir Percival Glyde, c’è il furbo Conte Fosco, italiano dalle origini misteriose e i traffici loschi.
Walter Hartright è il classico cavalier servente, innamorato della sua Laura. Prima, per il suo bene, proverà a soffocare l’amore, poi diventerà il suo principale difensore quando le cose per lei diventeranno tragiche. Ma il personaggio femminile più bello, forte e moderno è Marian. Marian, a differenza di Laura, non è una vittima: agisce, indaga, costruisce il suo futuro, sfida il destino. É una donna moderna, che sconvolge tutti i canoni della “donna vittoriana”. C’è una scena, molto significativa da questo punto di vista: per fare luce sugli intrighi di Sir Glyde e del suo amico conte Fosco, Marian si arrampica sul tetto per spiarli e per farlo si toglie i pesanti abiti vittoriani, in pratica, la donna si libera delle costrizioni vittoriane per accedere alla verità: ci riuscirà, ma ne pagherà anche il prezzo, come qualsiasi donna che ha osato ribellarsi al suo destino.
Una donna sicura del proprio ingegno è un’avversaria imbattibile per un uomo in balia del proprio temperamento.
Il personaggio di Sir Percival Glyde, che potrebbe sembrare il cattivo principale, è invece solo una spalla, un pretesto per far conoscere, invece, il vero cattivo della storia: il conte Fosco, italiano amante del cibo e dei raggiri, che non disdegna l’omicidio per una buona causa (la sua!)
Non voglio svelarvi altro, posso soltanto invitarvi a leggere questo romanzo per la scrittura elegante e intelligente, per la costruzione di personaggi, per la struttura moderna, che anticipa i gialli contemporanei. Un bellissimo mystery vittoriano, fatto di cimiteri solitari, apparizioni inquietanti, assassini, manicomi e tetre dimore che, nonostante tutto, vi farà venir voglia di scappare in Inghilterra, alla ricerca di misteri e fantasmi.
Questo è il mio romanzo preferito di Collins e aspettavo proprio la tua recensione!
Marian è un personaggio femminile davvero incredibile, in particolar modo se si tiene conto del fatto che l’ha creata un uomo e del periodo in cui ciò è avvenuto. Un personaggio davvero carismatico, che affascina e insegna qualcosa ancora oggi.
Ho amato tutta la vicenda, con quelle atmosfere gotiche che mi fanno impazzire. Nonostante lo stile (che a me è piaciuto molto ma che è comunque, talvolta, poco scorrevole) l’ho divorato, non riuscivo a metterlo giù, troppo intrigata e ansiosa di scoprire cosa si celasse dietro a tutte queste macchinazioni.
Un libro davvero bellissimo, e ti consiglio molto Armadale, che ho visto essere contenuto nella raccolta:)
Ciao Virginia <3 Grazie come sempre per i tuoi commenti, mentre scrivevo pensavo proprio a te, che mi avevi detto di averlo adorato! Per me è stata una scoperta pazzesca e ora sarò "costretta" a divorare anche il resto. Il personaggio di Marian mi ha stupito moltissimo, considerando l'epoca in cui Collins scriveva, molte scene mi sono sembrate delle vere e proprie critiche alla società del tempo, alle donne costrette a vivere secondo regole maschiliste, ecc. Nonostante l'abbia odiato, anche il Conte Fosco è uno di quei personaggi indimenticabili! Se mi consigli Armadale, credo proprio che il prossimo sarà questo!