La prima volta che ho sentito parlare de Il buio oltre la siepe ero una bambina, più o meno dell’età di Scout, la piccola protagonista del libro, e lo davano in televisione. Era il film del 1962 con Gregory Peck nel ruolo di Atticus Finch che gli avrebbe portato l’Oscar come Migliore attore protagonista (gli altri due Oscar la pellicola li ha ricevuti per le categorie Miglior sceneggiatura non originale e Miglior scenografia).

Il buio oltre la siepe: di cosa parla il libro?

Siamo in Alabama nel 1932, ben prima dell’approvazione della legge sui diritti civili del 1964 con cui fu abolita la segregazione razziale, e della legge sui diritti di voto del 1965. L’Alabama è uno degli stati protagonisti della storia dei diritti civili degli afroamericani: è un paese dall’economia agricola e in gran parte basata sulla coltivazione del cotone (e quindi sullo sfruttamento dello schiavismo), la cui storia è segnata in maniera indelebile dalla tratta atlantica degli schiavi africani, poi dalla Guerra di Secessione e infine dal nascita e dalle conquiste del Movimento per i diritti civili degli Afroamericani negli anni ’60.

La storia è ambientata a Maycomb, una cittadina del profondo Sud, dove bianchi e neri vivono insieme ma allo stesso tempo separati da rigide leggi non scritte, i primi quasi sempre come padroni, i secondi come domestici, in una perenne condizione di subalternità, accettata con rassegnazione. Tutto ciò che i neri possiedono, lo possiedono grazie alla generosità dei bianchi. La segregazione razziale è ancora una realtà: pur accettando di averli come domestici, i bianchi si guardano bene dal considerare i neri come esseri umani uguali a loro.

In quest’ambiente retrogrado, cresce la piccola Scout, otto anni, assieme al fratello Jem, entrambi figli di un avvocato, Atticus Finch. I due ragazzini hanno perso la madre molto presto e sono stati tirati su dal padre con l’aiuto della domestica nera Calpurnia, una donna intelligente e di polso, a cui i ragazzini sono molto affezionati.

Scout è una specie di Huckleberry Finn di genere femminile, le piace leggere, arrampicarsi, andare in giro, ha una certa insofferenza per le regole, fa un sacco di domande scomode e se qualcuno le manca di rispetto tende a dargli un pugno sul naso. Jem è un ragazzino più posato e responsabile, vorrebbe diventare avvocato come suo padre. Entrambi, sia Scout che Jem, guardano ad Atticus Finch come al loro modello ideale di essere umano.

Atticus Finch è, in effetti, un uomo diverso, che spicca per personalità, gentilezza, intelligenza, apertura mentale, generosità nella retriva comunità di Maycomb. È per questo che proprio lui viene designato come avvocato d’ufficio di Tom Robinson, ragazzo di colore accusato di aver stuprato una ragazza bianca, la figlia di Bob Ewell.

Nonostante il parere dei suoi concittadini e di parte della sua famiglia, scandalizzati all’idea che un bianco possa difendere un nero, Atticus s’impegna in un processo che ha poche possibilità di successo. Tom Robinson è innocente, certo, ma è nero e quest’ultimo fatto, in una comunità razzista come quella di Maycomb, costituisce l’accusa principale.

La potenza comunicativa e la forza di questa storia risiedono nel fatto che la narrazione dei fatti è affidata proprio a Scout, una bambina che continua a vivere la sua vita spensierata e proiettata verso il futuro (un futuro che negli anni ’60 vedrà i neri conquistare i primi diritti civili) immersa in una silente ma a volte più che manifesta violenza. La potenza della narrazione è negli occhi di una bambina che ci mostra tutta l’insensatezza del razzismo, una costruzione umana, basata sull’ignoranza e sulla paura.

Atticus Finch è uno dei grandi eroi della letteratura americana, un uomo che si distingue dagli altri per una visione più giusta ed equa della società, che non scende a patti, che vive di principi saldi che desidera trasmettere ai suoi figli. Si dice spesso di lui, per descriverlo come personaggio, che è un uomo che vive in pubblico così come vive in privato, cosa che non è da tutti.

Come finisce Il Buio oltre la siepe: spoiler

Tom Robinson alla fine sarà comunque condannato dalla giuria di soli bianchi chiamati a giudicarlo, mandato ai lavori forzati in attesa di appello, il ragazzo proverà a fuggire e sarà ucciso da un secondino. Più che la speranza per una giustizia globale, questa storia racconta la necessità di schierarsi dalla parte giusta da parte dei bianchi e lo fa mostrando, in parallelo, anche un’altra storia di emarginazione, quella che riguarda Boo Radley, il vicino malato di mente dei Finch, su cui girano voci terribili. Per tutta l’estate Scout, Jem e l’amico Dill provano a farlo uscire di casa, incuriositi dalle voci su di lui, senza riuscirvi. In tutto quel tempo, Boo li ha osservati, silenzioso, facendo trovare loro anche dei regali. Alla fine, sarà lui a salvare Scout e Jem dalla violenza di Bob Ewell, bianco, ubriacone e violento e padre della ragazza “violentata”.

Tom Robinson, insomma, è innocente, è stato adescato da Mayella, la figlia di Bob Ewell, il ragazzo l’ha rifiutata, ma Bob Ewell ha assistito alla scena e, pieno di rabbia e vergogna, l’ha picchiata selvaggiamente. Sbugiardato in pubblico da Atticus durante il processo, Bob Ewell prova a vendicarsi sui suoi figli, e sarà ucciso proprio da Boo Radley nel tentativo di difendere i ragazzi ai quali si era, se pur da lontano, affezionato. Alla fine del libro, il capo della polizia, per difendere Boo, dirà che Bob Ewell si è ucciso accidentalmente cadendo sul suo stesso pugnale.

Il Buio oltre la siepe è un libro anti-razzista o no?

Negli anni 2000 Il Buio oltre la siepe è stato messo all’indice in diversi stati americani, accusato di utilizzare un linguaggio razzista e troppo violento. È vero, il linguaggio ne Il Buio oltre la siepe è razzista e violento, come del resto era razzista e violento l’Alabama degli anni 30, un paese dove il solo fatto di essere nero era una testimonianza di colpevolezza. La censura è sempre stupida, in questo caso lo è ancora di più. Il libro di Harper Lee è uscito nel 1960: solo 5 anni prima Rosa Parks aveva rifiutato di cedere a un bianco il suo posto in autobus. Solo 3 anni dopo, Martin Luther King avrebbe pronunciato la famosa frase: “I have a dream”. Siamo ancora in un periodo in cui è difficile uscire dalle radicate e secolari consuetudini razziste, in questo si giudica la grandezza di Harper Lee, una scrittrice bianca originaria dell’Alabama, che parla senza peli sulla lingua della stupida e cieca violenza della segregazione razziale nel suo paese, fra la sua gente.

Lo fa, pur essendo ancora immersa in una cultura xenofoba, e lo si avverte in alcuni punti del romanzo: quando i bianchi, benché buoni e aperti mentalmente, sembrano trattare i neri con paternalismo, quell’atteggiamento bonario che i potenti concedono, bontà loro, ai più sfortunati. A questo difetto non sfugge, in alcuni momenti, neanche il personaggio di Atticus.

Lo si avverte nella descrizione di un processo che esalta più la grandezza d’animo di Atticus, avvocato bianco, che la nobiltà interiore di Tom Robinson, l’accusato nero. I neri sono comunque co-primari, si limitano a subire le ingiustizie e a provocare quel senso di pietà e di giustizia che dà la possibilità ai bianchi migliori di innalzarsi sugli altri. Lo si avverte anche nella strutturazione di un processo per violenza che tratta la donna vittima in una maniera che oggi non tollereremmo. Ma Harper Lee scrive negli anni ’60, quando i neri ancora non votano e non possono sedersi coi bianchi sugli autobus, quando le donne ancora sono nel pieno della lotta per l’emancipazione.

Sono elementi di cui tener conto, per cui sì, Il Buio oltre la Siepe è un libro anti-razzista, è un libro che è stupido censurare, ed è un libro che, personalmente, continuerei a far leggere ai ragazzi per insegnare loro che la conquista dei diritti civili degli afroamericani è passata attraverso innumerevoli fasi, che comprendono anche la graduale consapevolezza dei bianchi, ideatori di un sistema ingiusto di cui è onesto, è necessario prendersi anche le colpe.

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