Eccomi a parlarvi di Manlio Castagna e del suo primo romanzo, Petrademone. Il libro delle porte, uscito per Mondadori il 20 febbraio. Troverete questa stessa recensione tra qualche tempo anche sul canale YouTube, che ahimè sto trascurando, ma che a breve tornerà attivo!
Vi avviso, questa sarà una recensione emotiva (quella “professionale” la troverete, tra qualche giorno, su YouKid.it), è emotiva perché conosco Manlio personalmente, è emotiva perché so cosa c’è dietro la nascita di questo romanzo (al di là dell’enorme e meraviglioso talento), è emotiva perché quando leggo fantasy per ragazzi che non ha nulla da invidiare agli inventori del genere (i miei amati scrittori inglesi) allora penso che sì, c’è speranza per l’Italia, per la letteratura, per noi lettori.
Ma passiamo a quest’avventura magica, avvincente, piena di omaggi ai libri e ai film che amo di più al mondo e con quattro protagonisti che, spero, entreranno nel vostro cuore come sono entrati nel mio.
Titolo: Petrademone. Il libro delle porte
Serie: Petrademone, #1
Autore: Manlio Castagna
Genere: Fantastico, Young Adult, Avventura
Data di pubblicazione: 20 febbraio 2018
Pagine: 259
Copertina: rigida con sovracoperta
Prezzo: 14,45 €
Acquista: ebook – cartaceo
Frida è solo una ragazzina, ma la vita l’ha già ferita nel modo più crudele: ha perso entrambi i genitori in un incidente stradale di cui continua a incolparsi. Frida sopravvive tra rimpianti e ricordi, lacrime inghiottite e un buio sempre più denso, viscido come nebbia, che sembra afferrarla da ogni lato. É in queste condizioni che la ragazzina arriva a Petrademone, la splendida tenuta di zio Barnaba e zia Cat, popolata da bellissimi bordier collie. É notte e il cancello sembra quasi un minaccioso miraggio nel buio, l’autista che l’ha portata lì ha fretta di andarsene, Frida assaggia la solitudine, ma ci è abituata, è rassegnata ormai al cupo silenzio della sua vita. Eppure, è in quel silenzio che irrompe l’abbaiare di un cane e poi il volto di zio Barnaba: ed ecco che Frida è strappata alla gelida oscurità che oscilla fuori dalla casa, il cancello si apre, zio Barnaba la accoglie, l’autista sgradevole non conta più niente, siamo dentro, siamo con Frida, siamo, finalmente, a Petrademone.
É così che l’avventura ha inizio: con un cancello che si apre e che torna a chiudersi, separando il vecchio, dal nuovo, il conosciuto, dall’insondabile. É così che iniziano le vere avventure, quelle che poi restano incise per sempre nel cuore: le avventure di ragazzi!
Ogni storia per ragazzi che si rispetti ha i suoi luoghi simbolo: l’avventura di Frida e degli amici che presto incontrerà, è legata indissolubilmente a Petrademone, alla grande quercia, simbolo eterno di saggezza millenaria, al Passetto delle More, ai tanti angoli della tenuta e dei dintorni che Manlio svela agli occhi dei suoi lettori passo dopo passo, accompagnando Frida in un’avventura sempre più complessa e avvincente (e sono luoghi che esistono davvero, come esistono davvero – anche se con nomi diversi – quasi tutti i personaggi che incontrerete in questa incredibile avventura, compresi quelli a quattro zampe!)
La storia è raccontata da un punto di vista esterno, che si concentra maggiormente su Frida ma che non trascura gli altri personaggi fondamentali.
E chi sono questi personaggi?
Zio Barnaba, orgoglioso, buono e ironico, lo zio che tutti vorremmo avere se, nei dintorni, gironzolassero presenze demoniache, zia Cat, dolce e tenace, in grado di curare i mali del mondo a suon di cibo, sorrisi e incrollabile fiducia nel futuro, i gemelli Oberdan, Gerico e Tommy, identici e completamente diversi, le cui continue battute e gli screzi riescono a strappare sorrisi e a stemperare la tensione, Miriam, che è muta ma che sa dire tantissimo, coraggiosa e decisa, fondamentale in questa avventura, la madre di Miriam, la sorella di Cat, una donna arida e crudele, il sinistro e pericoloso Vecchio Drogo, che vive in un’ex clinica, Villa Bastiani, con suo figlio Vanni, un omaggio delizioso e originale allo Sloth dei Goonies. Non meno importanti, i personaggi “pelosi”, i bellissimi bordier collie: coraggiosi e decisivi nella lotta contro il Male.
E proprio dai quattrozampe si parte per questa avventura: sì, perché a Petrademone ne sono scomparsi moltissimi, svaniti nel nulla, e la stessa sorte è toccata ai cani dei dintorni, compreso il piccolo Pipirit, il cane di Gerico e Tommy. Dev’esserci per forza un motivo per quelle scomparse e Frida, i gemelli e Miriam sono decisi a scoprire quale: si ritroveranno, perciò, davanti un libro delle porte, pietre e specchi magici, mondi diversi, esseri malefici che affondano nella tradizione e nelle oscure fantasie di uno dei geni dell’horror: Lovecraft. Sì, perché Frida, Gerico, Tommy e Miriam arriveranno a dover affrontare un Magro Notturno, per scoprire che fine hanno fatto i bordier collie.
L’aspetto inamidato contrastava troppo con la faccia ripugnante. Anzi, sarebbe più giusto dire con l’assenza di una faccia.
É un romanzo di avventura, pura avventura per ragazzi, che s’inserisce perfettamente nel solco della tradizione già percorso da King con IT o Stand by Me, dalla Rowling con Harry Potter, da Cornelia Funke con il mondo d’inchiostro, da Ende con La storia infinita, da film cult come i Goonies, Indiana Jones e, in tempi più recenti Stranger Things, ma potrete trovarci richiami dai confini molto più ampi, dai classici per ragazzi come Il meraviglioso mago di Oz, citato più volte e in maniera esplicita all’interno della storia, al già nominato Lovecraft, a Poe, passando per Mark Twain, Stevenson. In effetti, l’autore è riuscito, supportato da una conoscenza incredibile di letteratura, cinema, arte, a creare un’atmosfera che permette a chiunque di trovare omaggi più o meno velati, più o meno voluti, insomma, di sentirsi a casa.
Ma non si tratta solo di avventura, la capacità di Manlio di raccontare per metafore ed emozioni impregna queste pagine: impossibile non lasciarsi coinvolgere dall’empatia che si sviluppa per i vari personaggi, Frida in particolare. Ma non sono solo gli umani a scatenare emozioni: i protagonisti a quattro zampe sono altrettanto incisivi, se amate gli animali, i cani in particolare, se avete amici a quattro zampe, amerete ogni singolo istante in cui saranno in scena. Sì, perché i cani, in Petrademone, non fanno solo da spalla agli umani, la loro presenza è decisiva, importante: di ognuno conosceremo il nome, il carattere, l’aspetto, il ruolo e, alla fine, diventeranno anche nostri amici.
Dicevo, non si tratta solo di avventura ma anche, e soprattutto, di emozioni.
L’idea che il dolore e il lutto siano un elemento imprescindibile dell’essere umani (dell’essere vivi) e che riguardi tutti, anche i bambini, è reale. Tutto ciò che facciamo, in fondo, serve a sconfiggere il vuoto, a scongiurare il pericolo della perdita, a curare l’assenza, ma non possiamo fare a meno, da esseri umani quali siamo, di perdere cose, persone, animali. La morte è parte di questo folle circo che è la vita, i bambini non ne sono risparmiati… e allora cosa fare? Frida si apre a un’avventura, assieme ad altre persone a cui volere bene, che la fa crescere e andare avanti. Il vuoto non viene rimosso, è sempre lì, ma si riempie man mano di volti nuovi, cose da fare, misteri da risolvere, vite da salvare, nemici da sconfiggere. In fondo, i Magri Notturni rappresentano la paura, il lutto, la perdita, l’assenza. Dobbiamo affrontarli, non possiamo semplicemente voltarci e scappare. Credo che questo sia lo stesso e identico percorso che affronta chi scrive una storia, e Manlio sa benissimo di cosa parla quando, fra le righe, ci racconta non solo quello di Frida ma anche il suo, di dolore, ma con una delicatezza e un talento che scongiura ogni pericolo di “personalizzare” il romanzo.
In quel momento accadde qualcosa di magico. Davanti agli occhi strabuzzati di Miriam e dei gemelli, si accesero sul prato mille piccole luci giallo chiaro. Erano gocce luminescenti, prime prove dello spettacolo più grande che sarebbe andato in scena di lì a qualche secondo. In breve tempo l’intera zona erbosa intorno al camper baluginò di infinite lucciole.
É dunque, soprattutto, un romanzo di formazione: la crescita di Frida è costante, coerente, continua, credibile. Per quanto doloroso sia il cammino, bisogna andare avanti e credo che quest’idea, che pervade ogni pagina del romanzo, sia forte quanto necessaria, soprattutto in un romanzo per ragazzi. La maniera in cui Manlio racconta e “risolve” il dolore di Frida aiuta il lettore a sentirsi compreso. É un’iniezione di fiducia e speranza: e la speranza è nei rapporti umani, nell’amicizia, nell’amore, nel coraggio che unisce persone simili.
Frida parte con il suo carico di dolori e rimpianti, rinchiusi in una scatola, assieme a pezzi di carta su cui la ragazza ha appuntato i ricordi di suo padre e sua madre che non vuole dimenticare, ma mentre all’inizio quella scatola è un contenitore di dolore e paura di perdere, alla fine, quei ricordi aiutano Frida a salvarsi, le danno la possibilità, pratica, di affrontare il Male. Credo che, in fondo, il nodo di tutto sia lì: non è il dolore che ci resta, che conta, ma è il modo in cui lo usiamo per andare avanti.
Non dimenticare quella volta in cui la mamma sfregava con la spugna le tue ginocchia nere nella vasca dopo un pomeriggio passato sul terrazzo di casa insieme a Sara e Laura. Non dimenticare il suo sorriso anche se era stanca.
Un’ultima osservazione: conosco Manlio, so cosa c’è dietro quella dedica all’inizio del libro, so anche cosa vuol dire perdere un amico, un affetto, qualcuno a cui si voleva bene, conosco il tentativo di farlo rivivere in una storia. Non è facile, non funziona completamente, il vuoto resta, ma ecco, la scrittura e le storie riescono a compiere miracoli, a volte. É questo il caso: perché, pur non avendolo mai incontrato dal vivo, fra queste pagine ho conosciuto Elrond, spirito-guida fiero e coraggioso, e ho assaporato parte del legame che lo univa e sempre lo unirà al suo amico umano.
Nelle storie, in questa in particolare, c’è una parte d’immortalità, quella che vogliamo trovare, quella di cui abbiamo bisogno, quella che ci serve per continuare a vivere meravigliose e splendide avventure.
Leggete Petrademone. Il libro delle porte di Manlio Castagna!
Manlio Castagna nasce a Salerno nel 1974 ed esordisce alla regia nel 1997 con il pluripremiato corto “Indice di frequenza”, con Alessandro Haber. Da vent’anni collabora ad organizzare il Giffoni Film Festival e nel 2007 ne diventa vicedirettore artistico. E’ creative advisor per il Doha Film Institute in Qatar e critico cinematografico per Virgin Radio. E’ sceneggiatore e regista di videoclip, documentari, cortometraggi, episodi di webserie. Si occupa di fotografia, neurocomunicazione e semiologia degli audiovisivi. Dopo aver pubblicato saggi sul cinema e sui cani, con Petrademone- Il libro delle Porte esordisce nella narrativa.