Il narcisismo l’identità rinnegata di Alexander Lowell è un saggio sul Narcisismo del 1983, dunque sicuramente superato da un punto di vista dell’approccio medico, ma interessante per chi si avvicina alla comprensione degli schemi mentali dei narcisisti patalogici, ma non solo: l’ho trovato interessante anche per alcune riflessioni sulla nostra società, in parte sicuramente superate, ma in parte ancora assolutamente plausibili.

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Il cattivo di una storia è narcisista

Prima di tutto, dunque, è bene sapere che si tratta di un saggio scritto nel 1983 da un uomo nato nel 1910. È fondamentale tenerne conto, perché alcune delle cose che poi troverete scritte fra queste pagine sono naturalmente figlie di un tempo e di una società completamente diverse da quella odierna. Parliamo di un momento in cui i social network neanche esistevano e le lotte sindacali e quelle per l’emancipazione della donna non erano ancora così avanti come oggi. Inoltre, Alexander Lowell è influenzato dalle teorie di Freud, oggi per molti versi rimesse in discussione.

Fatta la dovuta premessa, veniamo proprio a cosa ho trovato particolarmente interessante in questo saggio. Prima di tutto, la mia inclinazione a conoscere e studiare la psicologia. Non è la prima volta che leggo studi e saggi sulla psicologia, è una materia che m’interessa fin da piccola, fin da quando ho iniziato a scrivere storie. Costruire un personaggio di finzione, infatti, è prima di tutto comprenderne la psicologia e per farlo hai bisogno di saperne di più.

L’identikit del Narcisista Patologico

In particolare, quasi tutti i cattivi delle storie sono dei Narcisisti Patologici. Perché? Per capirlo, vediamo l’identikit che Alexander Lowell fa nel suo saggio del Narcisista Patologico:

  1. Mancanza di empatia
  2. Negazione dei sentimenti
  3. Immagine grandiosa di sé
  4. Seduzione e manipolazione mentale
  5. Paura di impazzire

Il Narcisista e la mancanza di empatia

L’empatia è un sentimento molto umano. Vuol dire riuscire a mettersi nei panni dell’altro, riuscire a trasferire dentro di sé i sentimenti degli altri: è la chiave della comprensione. Il Narcisista, però, ne è privo. Non sa cosa provano gli altri, non riesce proprio a comprenderlo, ecco perché non capisce le conseguenze delle sue azioni, anche quelle che procurano grande sofferenza agli altri. A un livello estremo, il Narcisista Psicopatico arriva ad uccidere proprio per mancanza di empatia. Ecco, il Cattivo della Storia.

Il Narcisista e la negazione dei sentimenti

Da dove nasce questa mancanza di empatia? Da una dissociazione tra il Sè Reale e l’Immagine di Sè che si è verificata nell’infanzia del Narcisista. Tale dissociazione, causata da eventi traumatici legati quasi sempre ad un ambito familiare disfunzionale (ma non così tanto come si potrebbe pensare) è definita Ferita Narcisistica.

In molti romanzi, spesso la cattiveria dell’antagonista è giustificata in questo modo. Tale dissociazione ha portato il bambino ferito a rifiutare i sentimenti in quanto causa di infelicità e dolore. Eccolo, perciò, trasformarsi in un adulto che non riesce a provare nulla. I sentimenti sono ampiamente dimostrati, ma sono finti. È una recita. Il Narcisista è capace di dimostrare un amore infinito, anzi è più bravo degli altri a farlo, ma non prova sul serio ciò che sta dimostrando, non ne è in grado perché c’è stata una frattura, nell’infanzia, che ha provocato qualcosa di irreparabile dentro di lui.

Ecco, perciò: quando il Cattivo di una storia sembra “senza cuore” è perché lo è. Non prova sentimenti. Provare sentimenti significherebbe esporsi al pericolo di essere nuovamente ferito, cosa che la mente del Narcisista rifiuta assolutamente. Eppure il Narcisista qualcosa lo prova, solo che non sono i sentimenti, quanto il suo contrario: un vuoto cronico, caratterizzato da una perenne insoddisfazione, dalla noia continua, dalla paura di vedere la propria immagine incrinata.

Queste sono le ragioni per chi il Narcisista s’impegna costantemente nel nutrire la propria immagine con l’ammirazione altrui e, allo stesso tempo, distruggendo gli altri. Così si spiegherebbe la mani dei Cattivi delle storie di vedere il mondo distrutto e i buoni soccombere all’infelicità.

Il Narcisista e l’immagine grandiosa di sé

L’Immagine grandiosa di sé è qualcosa di molto diverso dall’amor proprio. Autostima, amore per se stessi sono sentimenti sani. Chi, però, non ha una personalità dissociata sa che ciò che è non corrisponde a ciò che vorrebbe essere. Si tratta di due cose diverse. Tendiamo verso un’immagine perfetta di noi stessi ma siamo altro. Per una persona sana, nonostante possa provare dispiacere, questo è del tutto normale. In un Narcisista dato che la differenza tra il Sè Reale e Immagine di Sè è stata cancellata, è rimasta soltanto l’Immagine di Sé.

Ciò che il Narcisista vorrebbe essere (ciò che tutti vogliamo essere: infallibili, bellissimi, intelligentissimi, speciali, unici) è esattamente ciò che pensa di essere. Ma è una visione fasulla, irrealistica, un Sè Grandioso, insomma. Ecco perché quando questa convinzione si scontra con la realtà, con le visioni altrui, che possono essere in contrasto con quella del Narcisista e, anzi, molto spesso lo sono, la reazione è di estrema rabbia o sconforto. Questo spiega le reazioni “esagerate” dei cattivi delle storie.

Il Narcisista e la manipolazione mentale

Se il Narcisista fosse però un folle furioso, che va in giro a dire di essere il migliore del mondo ferendo tutti senza provare sensi di colpa, sarebbe facile smascherarlo (e il romanzo finirebbe prima di iniziare). In realtà, una delle caratteristiche tipiche del Narcisista è la sua capacità di recitare: vuole essere amato, ammirato, adorato da tutti e per farlo, almeno all’inizio, deve fingere.

Ecco perché molto spesso i cattivi delle storie si presentano come benefattori, filantropi, supereroi, padri, madri, figli e figlie modello. Il Narcisista è in grado di mettere in atto tecniche manipolatorie e seduttive dalla potenza inaudita: sono in grado di dire esattamente quello che le persone vogliono sentirsi dire, le fanno sentire esattamente come desidererebbero sentirsi. Questo serve a creare nelle vittime un senso di pace e benessere che diventa, via via, una vera e propria droga. Quando, però, il Narcisista comprende di aver ottenuto il controllo che desiderava, la maschera cade e inizia la svalutazione delle sue vittime. Il che porta alla malvagità priva di sensi di colpa con cui il Cattivo di ogni storia sembra agire.

Il Narcisista e la paura della follia

L’altro elemento che rende l’identikit del Narcisista di Lowell molto interessante è quello spiegato nel capitolo dedicato alla paura della follia. Il Narcisista non sa di essere malato, ma potrebbe rendersi conto che qualcosa non va nel suo modo di vivere. Questo genererebbe un vero e proprio terrore d’impazzire (collegato al bisogno di avere il controllo di tutto, soprattutto dei sentimenti). La paura della follia è ciò che spinge il Narcisista a rifiutare nettamente il disturbo. Ecco perché, di solito, il cattivo delle storie non riesce a ravvedersi (ed ecco perché dovete stare molto attenti, quando scrivete di un cattivo che, di colpo, diventa buono e cosciente).

Cosa non ho apprezzato del saggio di Lowell

Nel suo saggio sul narcisismo Lowell, che ha avuto egli stesso una diagnosi di disturbo narcisistico, cita i casi dei suoi pazienti e le cure applicate, che però sono la parte meno interessante, proprio perché un po’ sorpassata nell’approccio e dedicate alla disciplina bioenergetica che a me interessava poco.

L’ultimo capitolo del libro è quello dedicato alla società nella quale Lowell viveva, è ampiamente superato, come dicevo, e figlio di teorie ormai appartenenti a un altro secolo, come quelle sul ruolo della madre nei primi mesi di vita del neonato (che la renderebbe inadatta a dedicarsi alla carriera) o come altre osservazioni sul diritto allo sciopero degli insegnanti, ad esempio, condannabili per quanto mi riguarda. Ma, ripeto, non sono questi i motivi per cui ho letto questo saggio, quanto piuttosto la costruzione di un primo, abbozzato, identikit del Narcisista Patologico. Da questo punto di vista, il saggio di Lowell può essere davvero d’aiuto e la base per altri approfondimenti.

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