Cominciamo dal titolo: Delitto e Castigo

Delitto e Castigo, il romanzo per il quale Dostoevskij è più noto, inizia il suo cammino nel mondo della letteratura mondiale nel 1866, quando viene pubblicato per la prima volta in Russia. I lettori italiani, invece, lo conosceranno solo nel 1889, col titolo, derivato dall’edizione francese “Il delitto e il castigo”.
La complessità di quest’opera inizia già qui, dal titolo. L’ignoto traduttore, servendosi dell’edizione francese, traduce la parola originale russa “nakazanie”, che in francese era stata tradotta con “châtiment”, come “castigo” invece dell’originale “pena”. E la sfumatura cambia.

A volte l’uomo è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza.

Il titolo russo, “prestuplénie i nakazànie”, letteralmente “Il delitto e la pena”, citava il saggio illuminista di Cesare Beccaria “Dei delitti e delle pene”, noto in Russia fin ai primi anni del 1800. È chiaro che nella versione italiana di Delitto e castigo, il significato originale della parola “pena”, dal carattere fortemente giuridico, vada persa. “Castigo” ha una sfumatura religiosa, filosofica ma meno pragmatica. Il castigo, inoltre, dà l’idea di svilupparsi in un tempo breve, cristallizzato, è immediato; la pena ha tempistiche lunghe, si sviluppa in ampi archi trasformativi, il che è, precisamente, quel che accade a Raskòl’nikov, durante il suo percorso di espiazione.

La trama di Delitto e Castigo in poche parole

Studente dall’animo nobile ma squattrinato deve soldi a una vecchia orribile che fa l’usuraia. La vecchia serve poco al mondo, mentre il giovane studente potrebbe fare grandi cose. Il giovane se ne convince così tanto che progetta l’assassinio della donna. Studia ogni cosa, ma poi l’ammazza istintivamente, seminando tracce. Nonostante questo, nessuno lo scopre. È qui che inizia il suo calvario: è stato giusto ammazzare una vecchia inutile e, anzi, dannosa per il mondo? È giusto togliere la vita a qualcuno, anche se quel qualcuno non meriterebbe di vivere? È giusto farla franca dopo aver commesso un omicidio, sebbene “necessario” o addirittura “giusto”?

A volte capita d’incontrare persone che ci sono del tutto sconosciute, ma che ci interessano subito, sin dal primo sguardo, immediatamente, anche prima di scambiare due parole.

Tra una domanda esistenziale e l’altra, le riflessioni sulla pena di morte, sulla salvezza che può giungere solo da Cristo e una miriade di personaggi vividi pur nella loro rigida stereotipia: il nichilista sventurato, la prostituta misericordiosa, l’edonista consumato dal piacere, il malvagio senza dio. Ambientato in una Pietroburgo curiosamente afosa e asfittica, simbolo del percorso labirintico e faticoso del protagonista.

I personaggi di Delitto e Castigo

Data la mole di personaggi dai nomi per noi piuttosto complicati da ricordare, ecco un utile specchietto che elenca i personaggi principali e secondari di Delitto e Castigo:

Rodion Raskolnikov by BellaBergolts on DeviantArt
Rodion Raskolnikov by BellaBergolts on DeviantArt

Rodiòn Romànovič Raskòl’nikov: è questo il nome del ventitreenne omicida, protagonista della storia. Rodja è un ex studente di Legge, che vive in uno stato di totale miseria in uno dei tanti bassifondi di San Pietroburgo. Raskòl’nikov sente e vede l’ingiustizia su cui è costruito il mondo e si è fatto l’idea che l’Umanità possa essere divisa tra Uomini Ordinari, la maggior parte, e Uomini Straordinari. Essendo egli un uomo straordinario, almeno così crede, gli è concesso ammazzare una vecchia che rappresenta quanto di brutto e ingiusto esista al mondo e di sopportarne il peso. Il fatto, però, è che questo non avviene: inizia perciò per Raskòl’nikov una vita da alienato, fatta di delirio e paranoia, di momenti di cupa disperazione e odio profondo alternati a gioie violente e tentativi di ristabilire l’armonia attraverso atti di altruismo. Nulla funziona, a quanto pare, tranne l’Amore, più precisamente: l’Amore per Cristo, che consente a tutto il resto dell’Amore di manifestarsi.

Ecco tutto quello di cui si pentiva: del fatto di non aver sopportato il peso del suo delitto e di essersi andato a costituire.

Sof’ja Semënovna Marmeladova: Sonja o Sònečka è la figlia di Marmeladov, un alcolizzato che, col suo vizio, ha rovinato un’intera famiglia, oltre che se stesso. Raskòl’nikov conosce l’uomo in una locanda di terz’ordine, i due parlano, Marmeladov gli racconta di come, a causa sua, la moglie e i figli vivano nell’indigenza e sua sia stata costretta a prostituirsi per pagare i suoi debiti. Quella figlia è, appunto Sonja, che nonostante la vita squallida costretta a condurre, è una ragazza timorata di Dio ed empatica. Simbolicamente, riveste lo stesso ruolo del principe Myskin nell’Idiota (solo che per lei finisce meglio): rappresenta la grazia di Cristo, la comprensione, il perdono, quella “bellezza che salverà il mondo”, a patto che non la si umili, che la si comprenda. A Sonja, Raskòl’nikov confesserà il suo delitto, con Sonja ritroverà la strada del perdono e la sua resurrezione. Sonja possiede la pietas e l’amore per Cristo, è il Bene.

La sofferenza e il dolore sono sempre obbligatori per una coscienza ampia e per un cuore profondo. Ho l’impressione che le persone autenticamente grandi debbano provare al mondo una grande tristezza.

Porfirij Petrovič: è il giudice istruttore che segue il caso dell’assassinio della vecchia. È una brava persona e anche lui fa la sua parte nel condurre Raskol’nikov a confessare. Sa, infatti, pur non avendo prove, che lo studente è colpevole e, grazie alle sue capacità dialettiche e a una forte empatia e intelligenza, lo porta a confessare. Il punto, per Dostoevskij, è proprio questo: la salvezza di Raskol’nikov non risiede nell’essere scoperto e nel pagare, ma nel pentirsi e confessare. I duelli verbali tra Petrovič e Raskol’nikov sono fra le cose più belle dell’intero romanzo.

Avdot’ja Romànovna Raskol’nikova: è la sorella di Raskòl’nikov, conosciuta anche come Dunja o Dùnečka. È bellissima e alla sua bellezza esteriore corrisponde un altrettanto formidabile bellezza interiore. Il suo amore nei confronti del fratello si spinge fino al punto di accettare di sposare il ricco ma disonesto Lužin, in modo da salvare la famiglia dalla povertà. Sulle tracce di Dunja c’è il malvagio Svidrigajlov, ossessionato, più che innamorato, della bellissima ragazza.

Ho semplicemente ucciso; ho ucciso per me stesso, unicamente per me.

Arkadij Ivanovič Svidrigajlov: rappresenta il vero “villain” di Delitto e Castigo, il Male Puro, contrapposto al Male rappresentato da Raskol’nikov. Svidrigajlov è un altro Uomo del Sottosuolo, diverso da Raskol’nikov , perché quest’ultimo si fa dei problemi morali e, alla fine, si affida al Bene. Svidrigajlov e Raskol’nikov si somigliano molto, Dostoevskji ce li presenta come due aspetti dello stesso tipo di Male, ma mentre per Raskol’nikov esiste ancora una possibilità di salvezza, per Svidrigajlov il destino è già segnato.

Dmitrij Prokof’ič Vrazumichin: il nome con cui lo conosciamo è Razumichin, ed è l’unico amico di Raskol’nikov. Razumichin è quello che definiremmo “un bravo ragazzo”, si prende cura dell’amico e anche della sua famiglia.

Alëna Ivànovna: se volete sapere il nome della vecchia e orribile usuraia, che Raskol’nikov uccide, è lei.

Lizaveta Ivànovna: è la sorella dell’usuraia, non c’entra nulla con lei, anzi, è innocente, ma si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Il significato di Delitto e Castigo

Il fulcro del discorso è sempre l’Eterna Lotta tra Bene e Male che si svolge, soprattutto, all’interno dell’uomo. Raskol’nikov è una nuova versione dell’uomo del sottosuolo, ma un uomo del sottosuolo non ancora del tutto caduto nelle tenebre di quella malvagità dalla quale non sarà possibile risalire. C’è speranza, insomma, anche se potrà essere conquistata solo attraverso una lunga fase di sofferenza e martirio interiore (la parola “pena” del titolo originale, in questo senso, è molto più calzante della più restrittiva “castigo”). Il peccato e l’errore, in sostanza, sono ineluttabili per l’essere umano, ma sono anche la chiave per comprendere il mondo e compiere la propria scelta verso il bene.

Che significa ‘più nobile’? Io non capisco simili espressioni per definire l’attività umana. ‘Più nobile’, ‘più magnanimo’: sono tutte idiozie, assurdità, parole nate da vecchi pregiudizi, che io nego! Tutto ciò che è utile all’umanità è nobile! Io capisco solo una parola: utile!

Chi ha letto Memorie dal sottosuolo sa che la scena chiave, quella in cui il protagonista è raggiunto dalla prostituta buona che gli offre l’unica possibilità di salvezza, abbracciando il bene, definisce la differenza tra costui e Raskol’nikov. L’uomo del sottosuolo tortura e umilia la donna, di fatto abbracciando il sottosuolo, cioè il Male, mentre Raskol’nikov, alla fine, accetta di servirsi della Grazia di Cristo giunta a lui tramite Sonja, anche lei una prostituta, perché solo chi ha patito, evidentemente, può infine giungere all’accettazione e al rifiuto del Male.

Dove, dove ho letto […] che un condannato a morte, un’ora prima di morire, dice o pensa che se dovesse vivere in cima a una roccia, e su uno spiazzo così stretto da poterci stare solo in piedi (e intorno ci fossero abissi, l’oceano, tenebre eterne, solitudine eterna ed eterna burrasca), e rimanere così, in mezzo metro di spazio, per tutta la vita, mille anni, un’eternità, preferirebbe comunque vivere così che morire subito! Pur di vivere, vivere e vivere! In qualunque modo, ma vivere!… Quale verità! Signore, che verità! L’uomo è vigliacco! Ed è vigliacco chi per questo lo chiama vigliacco!

Come si accetta il bene? Uscendo dall’ottica individualista, secondo Dostoevskij e abbracciando l’idea di mutuo soccorso tra gli Uomini, accettando l’idea che non c’è alcun punto fermo per l’Umanità, che tutto cambia, soprattutto l’Uomo, e che per questo motivo dobbiamo saperci adattare al compromesso, alle variazioni, all’insicurezza. Per farlo, dobbiamo aiutarci a vicenda. Il Bene da perseguire non è quello personale, ma quello nei confronti del prossimo. A me sembra che l’idea di Dostoevskij – tipicamente cristiana – che emerge da tutto quello che ho letto è qualcosa che concilia incredibilmente laicismo e spiritualità, nichilismo e cattolicesimo, qualcosa che può comprendere anche chi, come me per esempio, non crede in alcun Dio. Non abbiamo punti di riferimento eterni, insomma, ma abbiamo l’amore verso il prossimo.

Li aveva risuscitati l’amore: il cuore dell’uno, ormai, racchiudeva un’inesauribile sorgente di vita per il cuore dell’altro.

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