“Nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a se stessa. Ogni ora. Non c’è un dopo. Il dopo è già qui. Tutte le cose piene di grazia e bellezza che ci portiamo nel cuore hanno un’origine comune nel dolore. Nascono dal cordoglio e dalle ceneri. Ecco, sussurrò al bambino addormentato. Io ho te.”

È impossibile per me stabilire quale sia in assoluto il mio libro preferito, ma di certo nella TOP 10 dei miei preferiti di tutti i tempi c’è La Strada di Cormac McCarthy.

Un padre e un bambino affrontano un viaggio estremo e apparentemente senza speranza in un luogo ormai morto, dominato dal terrore, in un pianeta distrutto.

A parte l’ambientazione post-apocalittica, quello che amo de La Strada è il linguaggio crudo, essenziale, eppure estremamente poetico. Nessun fronzolo e dialoghi serratissimi non segnati da punteggiatura, che scorrono come versi di una poesia.

C’è speranza, nonostante tutto. Ed è incredibile trovarla fra le pagine di un libro popolato dalla morte, dalla fame, dal freddo e dalle malattie.

La strada è la speranza, è continuare a camminare, è andare avanti, verso ciò che ancora non si conosce ma che nasconde, forse, la salvezza.
La strada, camminare… è la salvezza.

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