La moderna fantascienza ha due padri: Jules Verne e H. G. Wells, che per me sono anche il ricordo di lontanissime estati al paese dei miei nonni, di pomeriggi troppo afosi per uscire, trascorsi sul letto a leggere di isole misteriose, viaggi al centro della Terra, gite nelle profondità dei mari, col desiderio di essere la protagonista di quei libri compensato dalla gioia di poterli leggere.

Il primo romanzo di Jules Verne che io abbia mai letto è Viaggio al centro della Terra (di cui conservo ancora un’edizione vecchissima con una copertina rifatta da me), quello con cui ho conosciuto H. G. Wells è L’isola del dottor Moreau, entrambi sono tra i miei romanzi d’avventura preferiti (amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista, citando Nabokov).

I romanzi di Verne e Wells, un tempo considerati “per ragazzi” o di genere “minore”, hanno tracciato sentieri sempre più arditi, riplasmando il mondo e spostando i limiti dell’Uomo sempre più avanti: sulla luna, nello spazio, nelle profondità della Terra, dovunque il corpo potesse seguire l’intuizione.

Diceva Ray Bradbury che «senza Verne, l’Uomo non avrebbe mai concepito l’idea di andare sulla Luna.»
Un cratere lunare porta il nome di H. G. Wells.

Prima ancora di essere scoperta, la scienza fu sognata: non è meravigliosa l’idea che il rigore scientifico abbia avuto le sue radici nella pura fantasia? 

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