1) Ciao Antonio e grazie per aver accettato di fare l’intervista! Vado subito al dunque facendoti la domanda che, credo, ti abbiano fatto in molti: tu hai un rispettabilissimo lavoro in banca (di questi tempi, più che invidiato), ma come ti è saltato in testa di metterti a fare lo scrittore?
Grazie mille per avermi offerto questa vetrina e, soprattutto, grazie per i complimenti. In effetti, la gente è sempre scossa quando scopre in che modo pago le bollette a fine mese. Non riesco a spiegarvi il perché di questa scelta, mi limito semplicemente a sorridere. Sarà che il bancario viene visto come un personaggio cupo, freddo, nascosto dietro la giacca e la cravatta, oppure che lavorare con il denaro significa trattare con la parte peggiore su cui si fonda il mondo, appunto i soldi. Se guardo però ai miei colleghi, vedo persone ricche di passioni, che conducono esistenze non banali: attori di teatro, atleti, musicisti, scrittori. Appunto, scrittori. Il mio idolo è Maurizio De Giovanni, dipendente di banca e uno dei giallisti più apprezzati nella scena letteraria mondiale.
Personalmente, ho sempre avuto il bisogno di sfogare la mia creatività: la scrittura e l’amore per i libri mi seguono da quando ero bambino. A otto anni mia zia mi regalò una macchina da scrivere Olivetti che conservo come il Santo Graal. Scrivere mi fa stare bene, rende la mia esistenza migliore. Se penso al mio futuro, mi immagino a sessantacinque anni, magari in pensione, a revisionare il mio ultimo manoscritto mentre i nipotini sciamano per casa.
2) A parte gli scherzi, ho letto che hai scoperto la letteratura fantastica a dieci anni con “La Spada di Shannara” di Terry Brooks. Quali sono gli altri tuoi scrittori-feticcio?
Terry Brooks ha segnato i miei gusti letterari, per me resta il maestro indiscusso del fantasy commerciale: ha preso l’eredità di Tolkien e ne ha creato una saga che ha sicuramente molti difetti, ma anche il pregio d’aver tracciato i profili di personaggi indimenticabili. Terry Brooks però non è il solo. A differenza di molti miei colleghi autori che vivono in grandi città, non ho avuto la fortuna di frequentare caffè letterari o scuole di scrittura, eppure non mi sento inferiore a loro. Perché? Ho avuto i migliori maestri al mondo: Brooks, Heinlein, Gene Wolfe, Moorcock, George R.R. Martin e molti altri. Ho studiato i loro romanzi, li ho divorati, cercando di capire i meccanismi della loro scrittura, d’assorbire i contenuti di lezioni invisibili. Leggere tanto, leggere sempre: questo forse è il segreto per crescere e sperare un giorno d’essere considerato un bravo autore di genere.
3) Hai esordito con Ulthemar, La forgia della vita (2012, GDS) e oggi sei in libreria con il tuo ultimo romanzo, Warrior – la vendetta del guerriero, edito per La Corte Editore e presentato con un ottimo successo al Lucca Comics & Games di quest’anno: com’è cambiata la tua scrittura (se è cambiata) tra l’uno e l’altro?
Ulthemar è stato il mio primo e vero esperimento di scrittura “seria”: come tutti gli esordi ha sicuramente i suoi limiti, per certi aspetti può sembrare acerbo, per altri invece fa intravedere alcuni aspetti del mio stile, della mia creatività. Dai tempi di Ulthemar è cambiato tanto: ho plasmato il mio stile, ho capito che cosa volevo dire e come volevo farlo. Ho lavorato molto su me stesso, cercando di crescere, di tendere al massimo. Scrivere è come praticare uno sport agonistico: insegui un record, ti alleni ogni giorno sperando di rubare un secondo al cronometro. Non lo dici apertamente, ma sei ambizioso e le ambizioni non si limitano alla mera pubblicazione, ma al fatto d’emozionare i lettori, di lasciare loro qualcosa su cui riflettere una volta che avranno letto il tuo epilogo.
4) In Warrior racconti le gesta di Darius, un uomo che ha perso tutto e che si ritrova a dover fronteggiare la follia omicida dell’imperatore Caio Settimo quasi da solo, animato dalla pura vendetta. Nel farlo, hai costruito minuziosamente un intero universo, il che mi ha fatto venire la curiosità di saperne di più. Parlaci un po’ del mondo in cui vive Darius: che cos’è successo alla Terra?
Volevo scrivere un romanzo che parlasse del futuro. Ci sono domande che purtroppo non hanno risposta, un esempio? Cosa accadrà domani? L’immaginazione è un’arma, permette di trovare risposte, di modificare le variabili senza perdere contatto con la coerenza. Nessuno sa cosa può succedere sulla Terra tra qualche secolo, eppure può essere interessante provare a spiegarlo. Ipotizzare così che i continenti, così come noi li conosciamo, siano mutati. Pensare che la stessa umanità si sia evoluta e che dalle ceneri della nostra civiltà sia nato qualcosa di diverso. Il tempo è bastardo: cambia le persone, ma cancella anche i ricordi e ai quesiti che già avevamo se ne aggiungono degli altri.
5) Ho detto che Darius combatte “quasi” da solo, perché, in realtà, durante tutta la vicenda è affiancato da diversi personaggi. Personalmente ho adorato Teero, il guerriero skaar, di cui ho apprezzato il sarcasmo e il coraggio e mi è piaciuto moltissimo anche lo sviluppo del personaggio di Morrein, principe di Xendria (non svelo nulla, per non rovinare la sorpresa). Gli scrittori amano sempre tutti i loro personaggi, ma confessa: chi è il tuo preferito?
In effetti Warrior è un romanzo corale, i personaggi sono diversi, ognuno con la sua personalità e caratteristiche. Da lettore, odio gli estremi: nutro antipatia per i personaggi troppo buoni o per quelli troppo cattivi. Se prendiamo una persona qualunque e ne analizziamo i comportamenti, questi rileveranno lato positivi e negativi del carattere: è il modo in cui il bene prevale sul male che fa la differenza, che ci rende rispettabili o pezzi di merda. Nel creare i miei “attori” ho cercato di non dimenticare questo aspetto e, se devo dirla tutta, non ho preferenze. Durante la scrittura di Warrior sono diventati miei amici, li ho sentiti parte di me, sfaccettature del mio carattere. Il mio obiettivo era quello di stupire: il lettore nel seguire le vicende di Darius deve interrogarsi: “come sarebbe andata a finire se tutto fosse stato diverso?”
6) A dispetto del titolo, in Warrior non ci sono solo sentimenti negativi ma moltissimi sentimenti positivi: secondo te (so che la domanda è ambiziosa e bella ampia) qual è la ricetta per una vita serena? In poche parole, cos’è che ti rende davvero felice, a parte scrivere, ovviamente?
Bella domanda! Onestamente non conosco una vera risposta. Forse un life coach ora potrebbe avviare un seminario di qualche settimana solo per rispondervi. Non so se esiste davvero la serenità, è nella natura umana essere perennemente insoddisfatti, ma una cosa è certa: dobbiamo fare tutto il possibile per essere felici. Io ci provo godendo delle cose semplici che la vita mi offre, senza strafare, restando me stesso.
7) Appassionato di arti marziali, videogames, giochi di ruolo e hai anche un trascorso come musicista nella band dei Kernel Zero: tutte queste passioni influenzano i tuoi romanzi?
La scrittura è un processo creativo molto intimo. Il romanzo non è solo il prodotto finale dei sacrifici fatti, delle ore passate davanti al monitor mentre il mondo fuori dalla tua finestra va avanti, ma è anche un “prolungamento” di se stessi: sfogliare un libro è come leggere il diario dell’autore, ci sono sprazzi della personalità sparsi nelle pagine, pezzi dello stesso puzzle. Io cerco di coinvolgere le mie passioni nella scrittura, di utilizzarle come punti di forza, strumenti per stupire il lettore e incollarlo alla mia storia.
8) Ci parli dei tuoi prossimi progetti? Hai già iniziato un nuovo romanzo? Torneremo mai nel mondo di Darius?
Il mondo di Darius? Magari, mi piacerebbe continuare Warrior nel caso trovassi gli spunti giusti, ma non ora. Dopo qualche mese di pausa, ho ripreso finalmente a scrivere. L’impegno maggiore consiste nel conciliare lavoro, vita e scrittura. Mi sento ispirato e ho in cantiere un nuovo romanzo, una storia ambiziosa che vada dal thriller alla fantascienza, ma non posso dire di più per il momento. Da parte mia c’è tutto l’impegno a fare bene.
9) Salutaci con la tua citazione preferita (puoi anche inventarla tu su due piedi!)
I veri guerrieri non conoscono la resa.
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