Lo so, devo smetterla con l’approccio al genere letterario bimbominkia visto che ho superato l’età da tempo, ma se non lo facessi ogni tanto, come potrei scrivere le mie fantastiche, meravigliose, appassionate recensioni grame?
Titolo Divergent
Autore Veronica Roth
1ª ed. originale 2011
Genere avventura, distopia, fantascienza
Edizione italiana: De Agostini, 2012, 480 pp.
Quarta di copertina:
Dopo la firma della Grande Pace, Chicago è suddivisa in cinque fazioni consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l’amicizia per i Pacifici, l’altruismo per gli Abneganti e l’onestà per i Candidi. Beatrice deve scegliere a quale unirsi, con il rischio di rinunciare alla propria famiglia. Prendere una decisione non è facile e il test che dovrebbe indirizzarla verso l’unica strada a lei adatta, escludendo tutte le altre, si rivela inconcludente: in lei non c’è un solo tratto dominante ma addirittura tre! Beatrice è una Divergente, e il suo segreto – se reso pubblico – le costerebbe la vita. Non sopportando più le rigide regole degli Abneganti, la ragazza sceglie gli Intrepidi: l’addestramento però si rivela duro e violento, e i posti disponibili per entrare davvero a far parte della nuova fazione bastano solo per la metà dei candidati. Come se non bastasse, Quattro, il suo tenebroso e protettivo istruttore, inizia ad avere dei sospetti sulla sua Divergenza…
Divergent di Veronica Roth è classificato nel genere distopico per adolescenti, ma sarebbe più giusto spostarlo nel genere “romanzo d’amore per adolescenti”. La distopia, infatti, è solo una scusa per raccontarci i primi turbamenti sessuali della sedicenne protagonista Beatrice detta Tris: trentanove capitoli di sguardi, carezze fugaci, baci sfiorati, baci appassionati e infine pippe mentali alla quale l’autrice appiccica pezzi di fantapolitica, qualche combattimento, un po’ di sangue.
da Wikipedia:
Divergent è il primo capitolo dell’omonima trilogia creata dalla scrittrice americana Veronica Roth. Pubblicato in America il 3 maggio 2011 e uscito in Italia per la De Agostini il 22 marzo 2012 è diventato bestseller vendendo più di un milione di copie. Il romanzo è una distopia per ragazzi ambientata in un futuro non specificato in cui gli esseri umani hanno posto fine alle guerre dividendosi autonomamente in fazioni e svolgendo ognuno il mestiere più consono alle proprie naturali inclinazioni. La Roth ha affermato che l’idea della storia le è venuta durante un viaggio in macchina. Benché ci siano molte differenze, Divergent è spesso accostato ad Hunger Games scritto da Suzanne Collins.
Partiamo dal primo punto: Divergent è un Hunger Games all’acqua di rose (n.b. la trilogia della Collins mi è piaciuta, nonostante i moltissimi e macroscopici difetti, soprattutto presenti nel secondo volume). Non ci sono tributi che si ammazzano tra di loro in un reality, ma ci sono degli “iniziati” che devono conquistare i dieci posti disponibili per entrare a far parte di una delle fazioni in cui la società è divisa, se non vogliono finire a vivere sotto i ponti come barboni (gli Esclusi).
Passo alla trama, così riesco a spiegare meglio il tutto:
// ATTENZIONE: SPOILER! //
L’Umanità non è più in guerra: la pace è stata finalmente conquistata dividendo la popolazione in fazioni, ognuna delle quali svolge un preciso ruolo nella società.
I Candidi dicono sempre la verità, non hanno filtri e fanno solo figure di merda (sono anche un po’ cafoni), ma vengono sopportati perché in fondo la loro poca diplomazia li rende abbastanza simpatici. Sono come dei bambinoni che non possono fare a meno di fare battute squallide, ecco. Si occupano, nella società, della Legislazione.
I Pacifici non vengono mai cagati manco di striscio (presumo che ciò accadrà nel secondo e nel terzo): due palle così solo se li nomini (e infatti vengono nominati molto poco). Si occupano di Assistenza Sociale.
Gli Abneganti sono altruisti. L’altruismo è una virtù abbastanza figa, specialmente se il tuo background culturale è infarcito di religione. Gli Abneganti hanno un pessimo gusto in fatto di stile, si vestono sempre di grigio e non hanno manco uno specchio a casa (una botta di vita, insomma). Però sono al Governo e quindi… fuck you.
Gli Intrepidi sono fighi, si vestono di nero, c’hanno i tatuaggi e i piercing. Si occupano di proteggere la popolazione.
Gli Eruditi sono dei secchioni di merda, vogliono avere sempre ragione e leggono libri, una passione blasfema, si sa. Sono i cattivi e sono ricercatori, insegnanti, scienziati. Insomma, tutta gente che adora Satana.
E poi ci sono quelli che, per disgrazia, hanno fallito il test e quindi non sono niente, non servono ad una mazza, si chiamano Esclusi e fanno i barboni sotto i ponti.
Beatrice Prior ha sedici anni, vive con i genitori e suo fratello Caleb nella fazione degli Abneganti e sta per essere sottoposta al test, dovrà perciò decidere, in base ai risultati, se rimanere nella sua fazione con la sua famiglia e o cambiare e trasferirsi altrove, senza poter più entrare in contatto con i suoi. Il test attitudinale invece di indicarle le sue inclinazioni naturali, risulta “inconcludente”: Breatice è una “divergente”, molto pericolosa perché non può essere controllata. Beatrice dovrà fingere di non esserlo e scegliere una fazione dove poter stare al sicuro (in effetti la dottoressa che le fa il test la classifica come Abnegante). A rigor di logica, io avrei scelto i Pacifici o gli Abneganti, ma Beatrice sceglie gli Intrepidi colpita dalla maniera fighissima in cui salgono e scendono al volo dai treni (io lo faccio tutti i giorni andando a lavoro, comunque).
Una volta fra gli Intrepidi, Beatrice conosce Quattro (Four nella versione inglese… ma dico io, non lo potevate lasciare Four anche in quella italiana?), il suo istruttore, bello, figo, incazzato, misterioso, di poche parole, letale, scorbutico che, ovviamente, è attratto subito da lei, il che sembra inspiegabile per la stessa autrice che ogni due pagine ci ricorda che Beatrice (che ora si fa chiamare Tris) è un cesso a pedali, ed è troppo bassa (ogni due pagine succede qualcosa che Tris non riesce a vedere, essendo malata di nanismo, a questo punto dobbiamo credere).
Da qui, ogni cosa, l’addestramento, le difficoltà, gli scontri con gli altri iniziati, sono una pura e semplice scusa per far parlare Tris e Four, per farli ritrovare da soli, per fare in modo che la mano di Four si poggi, casualmente, sulla schiena di Tris scatenandole sensazioni esplosive.
Non dico che Divergent sia completamente da buttare, l’idea era carina (anche se l’influenza di Hunger Games è fin troppo palese), il problema è che la storia fra Tris e Four prende talmente tanto spazio da far risultare il resto marginale, e siccome il “resto” è una rivoluzione in procinto di esplodere… beh… fate voi!
Oltre ad errori grossolani di trama come questo, appunto, c’è poi la nota dolente della psicologia dei personaggi: passi per gli stereotipi, ma una volta stabilito il “tipo” del personaggio, per lo meno bisognerebbe cercare di seguire la mappa della sua personalità… niente. Faccio l’esempio di Four:
Four è un leader, è autonomo, silenzioso, tende a risolvere i suoi problemi da sé, non parla molto ed è quasi sempre apparentemente distaccato e antisociale. Tende a evitare il bisogno degli altri, aiuta ma non chiede aiuto. Poi, di colpo, Four diventa (senza alcun passaggio intermedio) dipendente da Tris. La porta con sé nella sala delle simulazioni (dove gli Intrepidi affrontano, in una sorta di Realtà Virtuale, le proprie fobie) e le svela le sue paure, paure connesse con la sua infanzia, cose private, molto intime (il solito padre-padrone violento, per la precisione): una cosa di questo tipo, per il tipo leader e autonomo è impensabile, almeno nel modo in cui ci viene raccontata. Poteva essere scoperto, poteva trovarsi in un momento di crisi e fragilità o in un attacco di passione e confessarlo, ma nel pieno delle sue facoltà, risulta assurdo che, dopo tutti gli anni passati a nascondere le sue paure al mondo, si fidi ciecamente e si apra completamente con una ragazzina che ha appena incontrato, per quanto possa esserne (inspiegabilmente) attratto.
Altra cosa che non va, i tempi narrativi: in una narrazione autodiegetica e simultanea (Tris racconta al presente in prima persona, come se le cose le accadessero proprio mentre parla) ci si aspetta che non vi siano troppi buchi. La bravura dell’autrice è, in questo caso, riuscire ad eliminare dalla narrazione le scene inutili (non ci interessa ad esempio che Tris faccia pipì dieci volte nella giornata, o mangi tre panini o si spazzoli i capelli) senza però che il lettore ne percepisca lo stacco. Il problema è che di scene inutili (cioè non utili alla trama che, ricordo, dovrebbe essere quella di una distopia) ce ne sono a bizzeffe, soprattutto collegate a Four (mi rifiuto di chiamarlo Quattro). Il bello è che, spesso, queste scene sono simili: c’è quella ricorrente di Four che le posa la mano sulla schiena e lei che sente un brivido di eccitazione. Ok, è una cosa carina da raccontare, visto che siamo nel POV di Tris. Ma UNA volta. Non tutte le volte che succede. Al contrario, occupare il tempo di queste scene senza senso con commenti sulle sensazioni di Tris fra gli Intrepidi, su cosa sta provando man mano che l’iniziazione va avanti, ci sarebbero tornate utili per comprendere meglio come diavolo fa la protagonista a passare dall’impiastro che è stata per tutto il libro, al killer letale degli ultimi tre capitoli.
Ancora: Divergent ha dei momenti molto tragici. Il primo è forse quello in cui uno dei iniziati, Edward, viene di notte pugnalato ad un occhio da Peter, lo stronzo della situazione, che vuole diventare primo in classifica. Albert, un altro co-protagonista, si suicida. Il reale problema è che non si percepisce nulla dell’atmosfera cupa in cui queste situazioni dovrebbero essere immerse, è come se fossero slegate da tutto il resto (una storia d’amore per adolescenti, ripeto) e nel momento in cui accadono sono talmente fuori contesto da risultare assurde (o banali, come il suicidio di Al, che ci si aspetta dalla prima scena in cui compare… anche qui torna la solita morale cristiana: il suicidio è un atto di vigliaccheria e non di coraggio e bla bla bla).
Parliamo poi di altri due momenti tragici, la morte dei genitori di Tris: entrambi muoiono per difenderla, entrambi muoiono davanti ai suoi occhi, sparando ai soldati nemici. Stessa morte. Stessa descrizione. Io capisco che nella realtà sarebbe anche potuto accadere così, ma visto che siamo in un romanzo, una variazione sul tema non sarebbe stata male. Del resto, commentare entrambe le morti nello stesso identico modo: “è una buona morte” toglie anche un po’ di enfasi al tutto.
Altro momento di caduta verticale: Tris ci è stata descritta come Abnegante inside, ma con una forte tendenza ad essere Intrepida (anche se molto spesso – troppo – l’autrice confonde l’altruismo con l’idiozia e il coraggio con la crudeltà). Una delle paure di Tris è che la gente a cui tiene possa morire a causa sua, ed una delle scene che ha dovuto affrontare durante le sue simulazioni è stata quella di dover sparare alla sua famiglia per salvarsi. In una delle ultime simulazioni, Tris riesce a vincere la sua paura e a farsi uccidere, piuttosto che sparare ai suoi.
Ora: durante l’attacco reale agli Abneganti da parte degli Intrepidi governati dagli Eruditi (che siccome sono secchioni e sanno tutti, sono pure cattivi) tramite un siero iniettatogli, Tris si trova faccia a faccia con Will, uno dei migliori amici che ha avuto fra gli Intrepidi e senza manco pensarci punta alla testa e gli spara. Bum. Poco dopo, incontra Eric, il più stronzo e crudele dei suoi istruttori, e pur di non sparargli, lo gambizza.
Come ci spiega l’autrice questa scelta tragica? Non ce la spiega. Tris avrebbe potuto gambizzare pure Will, no? No. Perché ci dice esplicitamente che mira alla testa. Eric serve alla trama (gli stronzi servono sempre) e quindi vive. Will non serve a un cazzo, e quindi muore. Facile!
Ancora: a Four viene iniettato un siero che lo trasforma in un automa, non riconosce più Tris, anzi cerca di ucciderla. Si affrontano, Tris ha una pistola e gliela punta contro, ma non ha il coraggio di ucciderlo, così… gli consegna la pistola e se la fa puntare alla testa. In quel momento, Four (che ricordiamo, non ha battuto la testa, ha una specie di veleno nelle vene, iniettatogli solo poche ore prima) la riconosce e guarisce. Miracolo! Questo fantomatico siero è una cagata pazzesca, dunque!
Soprassediamo su altre piccole assurdità, disseminate in tutto il libro, come la scena in cui Peter e gli altri bad boys una notte rapiscono Tris con l’intento di lanciarla in uno strapiombo e, nel mentre, qualcuno le tocca pure una tetta. Tris se la lega al dito: non il fatto che stavano per ammazzarla, ma proprio che l’hanno palpata. E lo dice pure a Four, quando questi le chiede di essere meno aggressiva e di mostrarsi debole per non attirarsi addosso le violenze dei suoi compagni. Il dialogo che hanno, più o meno (cito a memoria) è questo:
Tris: No, tu forse non hai capito. *momento di silenzio, pieno di pathos* Mi hanno toccato.
Four: *gli sta per esplodere una vena per la gelosia* Ti hanno toccato.
Sì, ma la stavano pure per lanciare nel vuoto, che credo sia un attimo più grave. Ma sì, chi se ne fotte. Essere palpate è peggio.
La sensazione è questa: l’autrice per tutto il romanzo continua ad affermare cose e a contraddirsi, sia in termini di trama che in termini di personaggi. Non ci sono regole, tutto può essere superato con la forza dell’amore, che, per carità, è una cosa bellissima, ma almeno spiegacela in maniera un attimo meno elementare. Insomma, l’idea di base poteva essere interessante, ma è stata gestita davvero male, senza contare che il tutto è stato scritto con un substrato di bigottismo religioso e una vaga (manco tanto vaga) tendenza moraleggiante:
1) Tris pensa continuamente al sesso (incurante di tutto quello che le sta succedendo intorno) ma ha paura di farlo perché Four forse vuole solo quello, poi Four le confessa di essere ancora vergine e tutto diventa improvvisamente bello, ma comunque non scopano… nonostante lo vogliano entrambi e si stiano baciando appassionatamente e siano in una stanza da soli (meno male che sono divergenti, eh!)
2) Gli Eruditi, in quanto gente che legge e studia, scienziati e ricercatori, sono una massa di stronzi, malvagi e vogliono ammazzare tutti.
Detto ciò, sono curiosa di leggere il secondo, per capire se la storia migliora e si arricchisce o se resta tutto così. E sono anche curiosa di capire come hanno affrontato certe cose nel film.
Comunque: Divergent, per ora il risultato è INCONCLUDENTE, ma mi riservo di tornarci.
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