A me il Natale è sempre piaciuto. Lo so, non è di moda amare il Natale. Se vuoi sembrare davvero cattivo, puzzolente e alternativo devi dire che odi il Natale, il panettone ti fa schifo, i regali pure e la tua festa preferita è il 2 novembre. Ma a me piace il Natale pure se mi fa sembrare Candy Candy e non Alex di Arancia Meccanica.
Il Natale nella mia città (Salerno) è sempre un po’ speciale. Questo grazie alle Luci. Le Luci costano 2,5 milioni di euro. 2,5 milioni di euro, attirano 2,5 milioni di turisti. Circa 30.000 persone al giorno. Tutte nel centro storico. Tutte vicine vicine.
A Salerno, ti accorgi del Natale, mentre ancora ti stai godendo il sole in spiaggia. A metà ottobre, quando ancora la gente sguazzava allegramente fra le pantegane del chiavicone (il chiavicone, per chi non lo sapesse, è la spiaggia cittadina), in città montavano le luci.
Il Natale salernitano è fatto di piccoli rituali:
1) Dieci giorni prima che le luci vengano ufficialmente inaugurate da l sindaco, partono le invettive su Facebook, si formano le gang, ognuno prepara uno status ad effetto, compaiono le prime indiscrezioni, ricompaiono le foto delle luci dell’anno precedente, persone taggano altre persone che non vivono più a Salerno per far vedere loro quanto Salerno diventi bella con le luci durante il Natale, gente che condivide foto di Salerno con l’inquietante didascalia “la città più bella del mondo”, iniziano i violentissimi scontri tra detrattori (che pur di trovare lo straccio di un parcheggio firmerebbero per riavere i tossici sotto casa) e sostenitori (che venderebbero mamme, padri, figli e compagni per una gigantografia dimensioni naturali di Vincenzo De Luca).
2) Sul Corso compare il signore africano vestito da Babbo Natale, che suona il bonghetto e, dopo avergli lasciato una moneta, urla il tuo nome, affinché su Saturno sappiano che c’è vita sulla Terra.
3) Ci si addormenta che ancora mezzo parcheggio gratuito si trova, ci si risveglia a Calcutta nell’ora di punta. Gente morta in auto con la mano incollata al clackson, automobili che sgommano investendo vecchi, vecchi che sgommano investendo automobili, persone piantate come platani secolari in mezzo al marciapiede che scattano foto come se non ci fosse un domani, gente che per evitare incomprensioni si fa fotografare mentre indica un albero di neon alto due metri (dovesse non capirsi che sta in posa con un albero di neon alto due metri), esaltati che nel tentativo di un autoscatto ottengono come risultato le proprie narici con sfondo di zampa di drago di Piazza Sant’Agostino. Tutti quelli che non escono da mesi, insomma, si mettono il vestito buono e si riversano in strada e lì restano, bloccati, fino al 6 gennaio.
Ma veniamo alle opere.
Piazza Flavio Gioia, detta “La Rotonda”, si trasforma in Piazza Flavio Gioia & Dolore. Imbarazzo e sconcerto, come sempre, i temi delle installazioni che illuminano l’angolo più bistrattato di Salerno che d’estate è un via vai di sedicenni che si ubriacano con il crodino e d’inverno un via vai di sedicenni che s’ubriacano con il crodino sotto la deflagrazione di una bomba H. Storicamente in piazza Flavio Gioia ci finiscono quelle installazioni che sembrano una forma di vita aliena e fanno male agli occhi, come in un romanzo di John Wyndham. Si sono susseguite: un planetario post-apocalittico, un acquario inquietante, una fenice diversamente abile, un arcobaleno pensato da un puffo dopo aver fumato crack e, quest’anno, Valeria Marini.
Valeria Marini, in realtà, dovrebbe essere la Primavera di Sandro Botticelli, o almeno ricordarla.
E quindi…
Nel frattempo, in Piazza Sant’Agostino, uno spaventoso tsunami dava vita all’installazione d’ispirazione orientale:
Ma il pezzo forte di quest’anno sono i pinguini.
Li hanno piazzati sugli scogli e rappresentano il Polo Sud, quindi il freddo, quindi l’inverno che la Marini deve sconfiggere con la potenza della sua coscia. Per il momento sono il simbolo della tristezza e della solitudine, ma noi siamo fiduciosi.