Vi ricordate gli anni ’90? I Nirvana, i diari segreti, gli appuntamenti telefonici, i walkman? Vi ricordate di quando non vivevamo perennemente connessi e i rapporti umani erano forti e spaventosamente fragili allo stesso tempo? Potevi incontrare una persona e, senza avere il suo numero o il suo indirizzo, perderla per sempre… Forse per questo quei rapporti assumevano tutt’altro significato, erano lenti, pochi e profondi, vicini. Ecco, il fulcro del bellissimo romanzo di Bianca Cataldi, I fiori non hanno paura del temporale, edito HarperCollins Italia è, a mio parere, proprio questo: un inno alla fragilità, che può essere un valore aggiunto, per assurdo simbolo di eternità, proprio come quei fiori, all’apparenza così fragili, che resistono ai temporali, tornando a rialzare la testa dopo la pioggia.
Titolo: I fiori non hanno paura del temporale
Autore: Bianca Rita Cataldi
Serie: Stand alone
Genere: Drammatico
Data di pubblicazione: 22 febbraio 2018
Pagine: 277
Prezzo: 14.45 € | 6.99 €
Link acquisto: cartaceo | ebook
Bologna, 1997: Corinna ha i capelli rosso fuoco, ha 16 anni e un padre che è scappato prima di conoscerla. Serena ha sette anni, non le somiglia per niente (o almeno è ciò che pensa), ma guarda a sua sorella maggiore con il tipico interesse delle sorelle minori, come a una proiezione di se stessa nel futuro, di ciò che farà quando avrà anche lei sedici anni, scoprendo, tramite la sorella, l’amore, la musica e anche il dolore. Corinna e Serena si ritrovano a condividere i segreti contenuti in una scatola di scarpe, segreti che riguardano il padre di Corinna, la storia con sua madre, il passato di Corinna stessa e, forse, il suo futuro. Inizia, allora, una specie di caccia al tesoro per interpretare tutti i simboli contenuti nella scatola: un taccuino, un biglietto del cinema, delle forbici da barbiere… una caccia al tesoro che ha senso solo calata nello spirito dei tempi, in un mondo senza cellulari, internet, computer, dove la ricerca avviene non seduti davanti a un pc, tramite un motore di ricerca, ma è fatta di appuntamenti, persone, domande, facce, racconti.
La ricerca di Corinna e della piccola Serena, detta Poochie, che le fa da aiutante è solo uno degli elementi di una trama semplice e ricca allo stesso tempo: spostandosi agilmente sull’asse del tempo con la leggerezza di un’acrobata, Bianca Cataldi visita il passato, mostra il presente e descrive scampoli di futuro, mescolando le carte, creando un puzzle spazio-temporale che tiene sempre desta l’attenzione del lettore. Un attimo prima Serena ha sette anni e sta andando con la nonna a visitare la cappella di famiglia nella quale sono seppellite le sagge zie alle quali le donne della sua famiglia si rivolgono quando hanno qualche problema, un attimo dopo Serena è adulta e sta scrivendo una storia, questa storia, poi saltiamo negli anni ’80, quando i genitori di Corinna si sono incontrati, poi ancora prima, a quando i nonni di Corinna e Serena si sono innamorati… Il tempo è una variabile romantica, è scandito da profumi, rumori, voci, incontri, particolari all’apparenza infinitesimali (un abito con dei limoni, una macchina da scrivere, il ronzio di un’ape, la ricetta di un dolce scritta a mano, il gorgoglio del tè, ecc.) e proprio per questo permane in tutta la sua forza. Sono i particolari a conservare i ricordi.
Lo stile di Bianca è poetico, ricco di metafore e utilizza un lessico ricercato ma, allo stesso tempo, in grado di toccare le corde più intime del lettore: non c’è un uso prolisso e autoreferenziale della lingua, anzi. Che Bianca sappia raccontare e usare la lingua italiana si vede, forte e chiaro, ma il tutto avviene con estrema naturalezza e la lettura scorre via veloce, senza intoppi, avvolge e coccola il lettore, lo fa sentire importante, come se ogni frase fosse stata dosata, pesata, scolpita e messa lì con sapienza e coscienza (ed è proprio ciò che è avvenuto).
La caratterizzazione dei personaggi è chiara e precisa: di ognuno abbiamo sufficienti elementi per definirne l’aspetto e il profilo psicologico, visto attraverso gli occhi di Serena, in un modo che ci fa sentire come se sfogliassimo un album di foto di vecchi amici. La costruzione del personaggio di Serena si è rivelata particolarmente incisiva: l’evoluzione della ragazza, che da “spalla” di Corinna, diventa protagonista, assumendo il ruolo di Cantastorie, è profonda e centrale. Mentre tutti gli altri personaggi sono immagini intrappolate in vecchie foto, ricordi cristallizzati e rievocati dalla voce narrante, Serena evolve, cambia, diventa donna e torna piccola, ci racconta e si racconta e il mondo cambia, visto dai suoi occhi, ora di bambina, ora di adulta.
Un romanzo poetico, un inno alla fragilità, dicevo, e alla complessità dei rapporti umani, al legame profondo e unico che unisce due sorelle, anche se non hanno lo stesso padre. Un inno alla famiglia, un concetto ampio, dai confini non strettamente definiti (nella famiglia di Serena e Corinna trovano spazio padri naturali e putativi, nonne, zie, amiche di famiglia, ecc.) con una dedica speciale alle donne, alla loro straordinaria forza, al coraggio, all’intelligenza e alla resilienza, che si concretizza in quelle zie chiacchierone e sagge seppellite nella cappella di famiglia, un’immagine semplice ma di straordinaria potenza: è lì che inizia tutto, è lì che finisce tutto, in un cerchio che unisce vita e morte, rendendo quest’ultima ciò che è: un esito naturale. Gli esseri umani lasciano impronte (una ricetta scritta a mano, una scatola piena di ricordi…), è per questo che vale la pena vivere, ricordare, raccontare.
Bianca Rita Cataldi è nata nel 1992 a Bari, laureata in Filologia Moderna, diplomata al Conservatorio, sta svolgendo un dottorato a Dublino presso la School of Languages, Cultures and Linguistics. Lavora come editor e ghostwriter. È stata finalista al Premio Campiello Giovani 2009, è socia ordinaria dell’EWWA (European Writing Women Association) e del Movimento Internazionale Donne e Poesia. Ha pubblicato diversi romanzi: Il fiume scorre in te (2011), Waiting room (2013), Isolde non c’è più (2015) e I fiori non hanno paura del temporale (2018).